Vasi, monete, coltelli, ed una cesoia, dell'epoca romana trovati nelle tombe di Musignano

 

      L'UOMO primitivo quando scrisse, se scrittura è ogni segno che serve ad esprimere un’idea, scrisse su pagine eccezionali: le rocce. Tali pagine avevano il torto di non essere maneggevoli, ma il merito di essere durature. La calligrafia fu degna della natura delle pagine; una serie di incisioni più o meno profonde, ricavate strisciando e roteando dei sassi sulla pietra. Usò soprattutto incidere certe scodellette rotonde disposte in modo vario, che gli archeologi chiamano cupelle. Che cosa volessero significare non lo sappiamo bene; gli studiosi non sono ancora riusciti a mettersi d’accordo sul loro linguaggio.  

Queste cupelle si ritrovano anche nelle rocce dei nostri dintorni:   alla Forcareta (a metà strada fra due Cossani e Curiglia), presso Dumenza, alla Rivaccia, ove si rinvengono anche incisioni che imitano piedi umani, a Pianca sopra Maccagno.

Gli archeologi le ritengono opera dell’uomo dell’epoca eneolitica risalente a circa 2000 anni a. C.; in tale epoca i nostri lontani progenitori si servivano ancora di armi e di utensili di pietra e da poco avevano imparato a fondere i metalli ed a ricavare il bronzo.

Seguì poi l’età del ferro (1000-500 anni a. C.). Uomini di tale periodo s’insediarono nel Malcantone, zona confinante con la nostra Val Dumentina che forse ebbe anch’essa qualche piccolo centro abitato poichè dicesi che presso Dumenza, intorno al 1870, si rinvenisse una tomba con oggetti tipici di quell’età.

Sicure tracce della civiltà del ferro vennero in luce anche a Vira nel Gambarogno, a nord della nostra zona (ma nei pressi) e fra le varie cose trovate vi fu anche una rozza iscrIzione.

Con l’epoca romana si entra decisamente nella storia.

Scrittori e documenti latini ci fanno sapere che la regione attorno ed a settentrione del Verbano era abitata dai Leponzi e dagli Orobi, dalle più remote età. Essi vivevano in uno stato assai primitivo. Erano cacciatori e pastori fierissimi della loro indipendenza. Si ritiravano su rocce inaccessibili e di là rovesciavano sugli assalitori pietre e dardi.

Quando i Romani giunsero alle loro terre non si preoccuparono che di aprirvi delle vie e li lasciarono in pace, ma quando essi cominciarono ad aggredire le carovane di passaggio e ad imporre taglie e pedaggi, presero a guardarli con occhio meno indifferente. Anzi il loro comportamento spinse l’Imperatore Augusto a moderarne l’eccessiva baldanza. Mandò infatti contro di essi alcuni condottieri che li sottomisero non senza fatica. (15-6 a. C.) Assimilarono però la civiltà romana con grande lentezza.

I Romani lasciarono ovunque numerose tracce della loro occupazione. Migliorarono anzitutto due strade dipartentisi dal Lago Maggiore, già raggiunto dalla parte della pianura da numerose vie, quella che dalla Valdossola attraverso il Sempione scendeva nel Vallese e quella che dal piano di Magadino attraverso il passo del S. Bernardino giungeva alle vallate del Reno.   Sul Verbano attivamente percorso, i Romani stabilirono stazioni militari pronte a segnalare, se non a respingere, eventuali irruzioni nemiche, e basi commercia1i.

I centri che potenziarono maggiormente furono Angera e Locarno. Le due località tenevano le chiavi del lago essendo collocate agli opposti capi del medesimo ed erano importanti empori commerciali. Vi si scoprirono molti avanzi dell’epoca romana, ma essi vennero in luce anche a Cannobio, a Luino, alle isole di Brissago (tanto per restare nell’alto Verbano).   Ma il ritrovamento che ci tocca più da vicino, è quello di Musignano, la piccola e solitaria frazione di Maccagno che sorge a 700 m. d’altezza lungo la via che sale al lago Delio.

Nel settembre del 1940, nell’aprire la strada carrozzabile per il bel lago montano, in località « Canicc », a circa 150 m. dal paese, all’altezza della prima curva, si rinvennero tre o quattro tombe, e forse più, di cremati, formate con lastre di beole messe in modo da creare un vano di circa cm. 50 X 55 dilato e 35 di altezza, più tardi se ne rinvenne un’altra.

Contenevano urne cinerarie di terracotta e vasetti minori, coltelli, una cesoia a molla, un grazioso anello d’argento e un, numero imprecisato di monete, forse un’ottantina, (cinquantatrè sono conservate presso i Civici Musei di Varese, le altre andarono disperse). Le monete vanno dall’Imperatore Claudio I a Costanzo, ossia dal 79 d. C. al 361 d. C. e sono tutte di bronzo. Ve ne sono di Traiano, d’Adriano, di Antonino, di Marc’Aurelio, di Costantino, ecc.

Gli oggetti trovati appartenevano a gente di condizione molto umile e fanno risalire l’epoca delle tombe al terzo o quarto secolo della dominazione romana (le monete anteriori a quei secoli furono forse depositate nelle tombe, perchè fuori corso; anche altrove si fece così).

Testimoniano la presenza di un minuscolo centro abitato i cui componenti dovevano vivere modestamente coltivando i ripiani del monte sui quali sorge il paese e allevando bestiame.

E’ difficile dire se i loro antenati fossero lassù prima della penetrazione romana, ma i pochi oggetti rinvenuti non hanno riferimento ad altre epoche e certamente quei remoti abitanti di Musignano non erano i soli a vivere nella zona.

Anche il nome di Musignano è, secondo gli studiosi di toponomastica, di derivazione prettamente romana. E’ stato dimostrato che i toponimi terminanti in ano (dal suffisso latino anus) tradiscono quasi sempre la derivazione da un nome gentilizio romano; il nome Musonius più tale suffisso avrebbe dato: Musonianus da cui Musignano.    Si noti ora che nella zona esistono a breve distanza altri paesi con toponimi aventi la stessa origine.

Se dal paesetto scendiamo verso mezzogiorno incontriamo subito Campagnano, se risaliamo verso nord, dopo breve cammino troviamo Bassano e Tronzano, se procediamo oltre, sempre verso settentrione, incontriamo Scaiano, Casenzano, Vairano; in tutti questi nomi è ben evidente il suffisso ano denunciante la derivazione sopra indicata: Bassano = Bassius + anus, Tronzano = Tarcontius + anus ecc.

E tutti questi paesini si trovano lungo una linea procedente da sud a nord grossolanamente parallela al Lago Maggiore. Linea che potrebbe partire da Luino (ove si rinvennero parecchie tombe romane), salire a Cossano il cui toponimo ha lo stesso suffisso di quelli sopra elencati (Cossius + anus) e per Maccagno congiungersi, toccando Campagnano, alla serie dei paesini sopra nominati.

Questa strana successione di piccoli centri dal toponimo di origine romana è per lo meno curiosa e non si può escludere che essi siano sorti lungo un’antica stradina, una povera stradina di montagna tutta saliscendi, non più ampia di un sentiero, allacciante per via di terra la Valtravaglia con il piano di Magadino, le vallate del Ticino ed i passi delle Alpi.   Una minuscola via interna, come ce ne erano tante, corrente un poco discosta dal lago.   A buon conto la zona circostante Maccagno, se non il paese, era abitata nell’epoca romana.

Al periodo romano successero le note invasioni barbariche. In Italia giunsero rozzi Eruli, Ostrogoti, Bizantini, Longobardi e Franchi, ma per fortuna la chiesa sostituì il caduto impero nel compito di far da guida ai popoli. Roma dominò ancora con la sua parola e la sua gerarchia ecclesiastica e fu ancora faro di luce. Re e regine barbari abbracciarono la nuova fede e ne impararon le leggi d’amore.   Anche le istituzioni romane non morirono, ma sopravvissero accanto alle usanze barbariche, e furono quasi sempre i sopraggiunti ad assimilare la civiltà dei primi.

Vi sono buone ragioni per ritenere che all’epoca delle occupazioni barbariche la maggior parte dei paesi rivieraschi del Verbano fosse già sorta.

Torniamo ora al nostro Maccagno.