IL DURO PERIODO MEDIOEVALE

Un’altra leggenda:

il salvataggio dell’Imperatore Ottone I

TORNIAMO dalla donnina gentile che abita lassù, un po’ fuori dal paese, essa racconta ancora:

« Siamo nei pressi del lago, una terribile bufera solleva un tumulto di cavalloni schiumosi, sulla riva è un pauroso scrosciare d’onde che s’infrangono violentemente, nuvoloni neri corrono per il cielo. Sulla piazzetta prospiciente il lago alcuni pescatori, guardano con attenzione verso le acque. Il loro modo di guardare, la loro concitazione denota che sta accadendo qualche cosa di grave. A cinquecento metri dalla riva un barcone dalle vele strappate lotta colle onde. Si solleva sulla loro cresta, affonda, risale, ondeggia, si inclina da un lato, si raddrizza. Su di esso alcuni uomini fanno dei cenni. Evidentemente vorrebbero raggiungere la riva antistante il paese, ma qualcosa lo impedisce loro. Forse il barcone fa acqua, forse il timone è guasto. L’imbarcazione oscilla paurosamente ad un tratto un’ondata la piega da un lato, è lì per capovolgersi... Ed ecco che i pescatori fermi sulla piazzetta corrono alle loro barche piatte, le spingono nell’acqua e facendo forza sui remi si dirigono verso i pericolanti; in breve sono vicini. Il grosso barcone flagellato dalle onde è in uno stato pietoso. Con una fune viene trascinato verso la riva ed i malcapitati naviganti portati in salvo. Era fra essi nientemeno che l’Imperatore Ottone I° e gli altri formavano il suo seguito. Immaginatevi lo stupore dei buoni Maccagnesi, accorsero in massa ad ossequiare l’ospite e gli fecero da guida alle loro umili case. Egli, commosso da tanta accoglienza e riconoscente per il bel gesto coraggioso ed umano nominò Maccagno Inferiore Corte Regale, l’affidò al governo di gentili e nobili signori, e lo rese indipendente da qualsiasi terra e giurisdizione ».

Questo sarebbe accaduto nel 962.      Storia o leggenda? Un po’ dell’una e un po’ dell’altra.

I primi passi nella storia

AFFACCIAMOCI ora alla soglia di una grande biblioteca, ci accoglieranno lunghi scaffali grevi di libri, una certa atmosfera quasi solenne e un bibliotecario pronto a venirci in aiuto.   Facciamoci avanti e cerchiamo nel catalogo, troveremo guide antiche e moderne di carattere generale sui paesi del Lago Maggiore, ma nulla che parli esclusivamente di Maccagno! Ci è giocoforza accontentarci di una di quelle.   Quante lodi al villaggio! Pittoresco, tranquillo, confortevole, ottimo luogo per un soggiorno ristoratore, ma ben poco esse dicono della sua storia singolare e quel poco talvolta in modo inesatto.

L’esempio sommo in tal brevità venne; neanche a farlo apposta, da un Maccagnese.                                                   

Il primo a scrivere una guida, o meglio una Corografia del Lago Maggiore fu un certo Domenico della Bella di Maccagno Inf., che dal nome del paese natale fu chiamato il Macaneo, vivente nel XV-XVI sec. (vedi a pag. 167), uomo studiosissimo e famoso ai suoi tempi. Incominciò la sua Corografia proprio a Maccagno Inf. dove si era rifugiato d’estate per sfuggire al caldo milanese (già sin d’allora...) ed essa fu stampata per la prima volta a Milano nel 1490.    Giunto a parlare del suo caro villaggio, invece di indugiarsi un poco a farne la storia che pur doveva ben conoscere, disse semplicemente: « Ecco Maccagno dolce mio luogo natale ».

« Macaneum dulce natale solum nostrum »

parole belle e amorevoli, ma eccessivamente avare.

Paolo Morigia nel 1603 pubblicava una storia del Lago Maggiore un poco più ricca di notizie e a lui attinsero, talvolta in modo troppo sfacciato, tutti coloro che scrissero di poi intorno al lago: il Cotta che ristampò nel 1690 il libro del Macaneo con un lungo commento, il Vagliano ed altri. Non ci accontenteremo delle brevi notizie date da questi scrittori, ma ascoltiamo tuttavia egualmente le parole del Morigia:

« Otto Magno I°, Imperatore, essendo ritornato da Roma a Pavia per castigar la crudel tirannia di Berengario Re d’Italia e dei suoi figli, mandò parte del suo esercito all’isola di S. Giulio sul lago d’Orta, dove si era fortificata Uvilla, moglie di Berengario. E mentre si teneva l’assedio di detta fortezza, l’imperatore visitò tutto il lago e si fermò alcuni giorni nella terra di Maccagno di Sotto; ove trattava tutti i negozi di pace e di guerra. E perchè gli uomini di detta terra, nel tempo che l’imperatore quivi stette, trattarono molto bene e liberamente la sua corte ed i forestieri che quivi venivano; volendo l’imperatore mostrarsi grato, onorò detta terra col titolo di corte regale e la diede ai Signori Tazio e Rubaconte Mandello e discendenti, con mero e misto imperio di gladio».

Risponde al vero questa storia? Vi sono alcuni elementi a lei favorevoli: la serietà dell’Autore, la lontana leggenda, il dimorare che fece Ottone I° sul lago, il fatto, storicamente vero che egli largheggiasse di favori coi Signori che lo avevano aiutato nella lotta contro Berengario, la necessità che egli ebbe di porre fedeli sudditi nelle vicinanze della rocca di Travaglia, rimasta in possesso dei figli del sovrano nemico, il dono fatto alla chiesa di San Giulio d’Orta delle corti di Borazola ed Agredade il I° agosto proprio del 962 anno della ritenuta concessione del feudo di Maccagno (vedi Deputazione Subalpina di Storia, Patria - Biblioteca Storica, Subalpina, La Pergamena di San Giulio d’Orta, a cura di G. Cornaseri, voi. CLXXX, parte prima) che potrebbe far pensare ad altre donazioni contemporanee... I documenti diretti sono purtroppo andati smarriti.

Il Morigia scriveva seicentoquarant’anni dopo il fatto e non ci fa sapere le fonti della notizia di cui sopra. Certamente egli vide però gli antichi privilegi conservati dai Mandelli, e che tali privilegi esistessero ce lo dice anche il Del Sasso Carmino che annota parlando di essi: « come io ho veduto in alcune antichissime scritture qui in Milano appresso ai Sigg. Mandello ». Il Cotta, commentando il Macaneo, raccoglie l’asserzione del Morigia ed in più aggiunge quella del Gandolfino. Tutti questi autori scrivevano nel seicento. E’ inutile aggiungere che i biografi della famiglia Mandelli accolsero pienamente le loro affermazioni. I documenti visti, anche i più antichi, non fanno cenno alla concessione di Ottone I°.

Essi fanno risalire i diritti dei Maccagnesi a una data non ben determinata. Un atto del 1279 dice che i privilegi dei Mandelli erano di origine imperiale e datavano già da tanto tempo da essersi persa la memoria della loro concessione (vedi a pag. 31). Una pergamena del 1402 ripete la stessa cosa. In una sentenza del 1463 si legge che: « Duecento anni e più erano allora passati dalla data di concessione di particolari esenzioni e diritti ai Maccagnesi, un diploma di Carlo V del 1563 afferma che già da quattrocento anni e più i Mandelli godevano il feudo di Maccagno Inf.   Di certo sappiamo che nel 1185 essi erano Signori del paese e che in quell’anno sostenevano le ragioni degli abitanti in una lite con quelli di Agra per un bosco comune (vedi pag. 28). Nel 1221 guidavano le pratiche per la fondazione della decima parrocchiale.

Queste constatazioni ci spingono a ritenere bene antica l’infeudazione di Maccagno Inf. ai Mandelli.

Ma la critica storica è oggi diffidente circa le tradizioni, vuole documenti certi, autentici, e non avendoli non ci rimane che accettare il racconto della sosta di Ottone I° a Maccagno come pura tradizione e rimandare la concessione del feudo di tal paese ai Mandelli ad epoca più tarda anche se non di molto. Il fatto che si tratta di un feudo imperiale dice però chiaramente che intervento diretto dell’imperatore ci fu.

La tradizione sostiene che Maccagno Inf. fosse una delle località maggiormente fortificate del Verbano e lo dimostrerebbero le sue torri antiche, la sua planimetria, le robuste mura delle case, le strade strette scavalcate da voltoni con feritoie. L’imperatore concedendolo ad una famiglia amica se ne sarebbe assicurato il possesso. Inalberate le insegne dei Mandelli e, sopra quelle, le imperiali, il paese affrontò vittoriosamente i secoli. Cadde poi, senza chiasso, travolto da eventi contro i quali sarebbe stato vano lottare. La sua longevità fu notevole perchè visse libero circa ottocento anni e se si pensa alle lotte che dovette sostenere per difendere la propria indipendenza c’è da restarne stupiti.

La strenua difesa dei propri diritti fu la passione e il tormento del piccolo popolo e dei suoi feudatari e si ebbero anche momenti drammatici, come vedremo. I Maccagnesi e i Mandelli si opposero a tutti coloro che tentarono di passar sopra ai loro privilegi e poichè le loro battaglie non potevano essere combattute in campo aperto, si combatterono nel campo del diritto e della giustizia. Le loro armi furono i diplomi e le pergamene comprovanti le concessioni ottenute, la fierezza degli abitanti, il paterno appoggio delle autorità imperiali (vissero « sub imperialitatis clipeo » dice un documento dell’8 agosto 1723 che citeremo più avanti, « Sub umbra alarum tuarum » è scritto su una moneta maccagnese attorno al disegno dell’aquila imperiale). Spesso l’iniziativa della difesa fu presa dagli abitanti stessi interessatissimi al perdurare dello stato di cose creato da Ottone.

(2) I Mandelli appartenevano a nobilissima famiglia milanese, le cui origini risalgono all’epoca romana.   Sul loro stemma sono raffigurati tre leopardi d’oro in campo rosso; il loro motto fu: o Loyauté passe tout ». Vedansi nella bibliografia le principali opere sulla famiglia.

Le conferme imperiali

Il diritto feudale dato ai Mandelli era trasmissibile agli eredi, ma la prassi voleva che si rispettassero due condizioni: ogni legittimo successore doveva riottenere la concessione del feudo dall’imperatore e da ogni nuovo imperatore era necessario riaverne la riconferma. Per questo motivo esiste una serie assai lunga di diplomi rinnovanti ai Mandelli i loro privilegi e di molti altri se ne ha memoria.

La prima riconferma di cui si ha notizia è quella dell’imperatore Enrico IV che la rilasciò ad Ottone Mandelli nel 1110, seguì quella di Federico Barbarossa nel 1158 ad Anselmo Mandelli e ce ne dà notizia il Morigia nell’opera citata. Il più antico frammento dei diplomi imperiali concessi ai Mandelli lo troviamo nel Compendio dell’origine e dignità della famiglia Mandelli compilato dal conte Tazio nella seconda metà del XVIII secolo e riportato da Santo Monti nel Periodico della Società Storica Comense (fasc. 57 - 58 - 59), per la sua importanza riportiamolo in parte.

Nel 1191 Enrico IV concedeva a Rubaconte Guidone ed Anselmo Mandelli:

« Oppidum ipsum Machanei cum eius Curte, cum omni honore, et eorum jura, ac cum Ripis, et Pischarijs cum omnibus honoribus et omnia alia praedictis omnibus spectantia ac mercatus omnes, theoloneo et districtum quae hactenus possiderunt Imperiali auctoritate praedictis Fidelissimis Nostris, et eorurn Successoribus confirmavis et de novo cum ipso titulo Cornitatus ac titulo verae, purae acrenjnatoriae concessionis, oh eorum ac praedictorum majorum suorum merita in Feudum nobile et gentile damus et concedimus cum mero et  mixto Imperio gladij et omni alio honore ».

Facciamo però presente che tali parole non sono state riportate dal conte Tazio copiandole dal diploma originale, ma da una copia notarile che sarebbe stata fatta nel 1676 da un notaio sull’esemplare esistente allora nell’archivio del Senato di Milano (5. Monti comp. cit. pag. 45 e seg.) Si noti che i Mandelli nel diploma appaiono col titolo di conte, titolo che nei documenti locali compare solo dopo il 1536 anno in cui l’imperatore Carlo V li nominò conti del Sacro Romano Impero, prima essi eran detti semplicemente nobili. L’Imperatore Federico II nel 1241 confermava il feudo a Giovanni Mandelli ed anche un frammento del suo diploma, estratto come il precedente, è riportato nel Compendio sopracitato.

Dopo il diploma di Federico II ne seguirono altri, di qualcuno di essi parleremo nel corso della nostra esposizione, quasi tutti sono elencati, richiamati, o in parte riportati dal conte Tazio. Nessuno dei diplomi sopra indicati è segnalato nei documenti medioevali maccagnesi che incontreremo, ma ciò non deve meravigliare perchè le concessioni feudali riguardavano esclusivamente i Mandelli e gli atti relativi venivano conservati nel loro archivio privato e non in quello della Comunità Maccagnese.

Particolarmente importante è il diploma concesso dall’Imperatore Venceslao nel 1395, perchè esenta chiaramente il feudo da ogni sudditanza che non sia quella dell’Imperatore, ad esso fanno riferimento talvolta i documenti tendenti a comprovare l’indipendenza di Maccagno dal governo ducale o regio di Milano.

Vantaggi dell'elevazione a Feudo Imperiale

I Maccagnesi dall’elevazione del loro paese a feudo Imperiale trassero non pochi vantaggi.

Ora, prima di prendere in esame nuovi documenti, fermiamoci un poco sull’argomento e fissiamone gli aspetti principali perchè ciò gioverà a comprendere meglio quanto diremo più avanti. I feudi imperiali dipendevano direttamente dall’Imperatore ovunque egli fosse. Gli abitanti dovevano versare al loro sovrano e al feudatario alcuni tributi, ma erano esenti da ogni altra tassazione. Inoltre i loro Signori li governavano secondo Statuti convenzionati con gli abitanti e quindi favorevoli ad entrambi e di solito avevano il diritto di amministrare la giustizia direttamente o per mezzo di delegati, perciò i loro sudditi non potevano essere trascinati davanti ai tribunali soliti. Facendosi forti della protezione imperiale, essi si sottraevano alle requisizioni, alle imposte straordinarie, ai contributi di guerra che non fossero quelli dell’Imperatore, erano liberi in materia di prezzi, di tasse, ecc.

Per questi motivi i profitti che gli abitanti traevano non erano pochi e spesso ne abusarono attirandosi l’antipatia dei Signori e dei popoli confinanti e la loro vita fu tutt’altro che tranquilla. Ciò che abbiamo detto vale anche per i Maccagnesi che si trovarono liberi e indipendenti sotto i loro Signori, ma alle prese con infiniti guai, pesanti anche se controbilanciati dai vantaggi offerti dalla loro particolare situazione politica e dalla soddisfazione di fare da sè, orgoglio che col volger del tempo divenne sempre più forte.

Le maggiori preoccupazioni che turbarono la vita del piccolo paese furono tre:

a) la difesa dei diritti feudali e dei privilegi,

b) la salvaguardia dei propri diritti su una proprietà comune con gli abitanti di Agra

c)   la difesa dei terreni posti lungo il fiume Giona. Il fiume irruente ed irregolare, spostava il suo corso nella parte terminale ad ogni piena danneggiando i terreni coltivati presso le sponde e bastava la costruzione di un argine, anche di pochi sassi, perchè il letto deviasse e si portasse contro i terreni dell’una o dell’altra riva. La costruzione di ogni riparo provocava quindi litigi fra gli abitanti delle opposte sponde. Anche lo sfruttamento delle acque del fiume fu causa di contestazioni poichè entrambi i comuni ne avevano derivate grosse rogge che alimentavano mulini e segherie ed irrigavano le campagne e l’aver a disposizione quantitativi sempre maggiori del liquido elemento era cosa vantaggiosa.

Si noti ora che le contese con Agra e Maccagno Superiore non avevano nulla da vedere con i diritti feudali del paese, erano questioni che i tribunali ordinari avrebbero potuto risolvere benissimo di volta in volta o per sempre, e le cose si sarebbero svolte così se Maccagno Inferiore non fosse stato Feudo Imperiale, Terra per sè.

Ogni contesa coi paesi vicini usciva dal raggio locale, s’ingigantiva e diventava un affare di stato perchè Maccagno Inferiore era terra protetta dall’Imperatore e a quest’ultimo finivano per per venire le lamentele locali. Gli abitanti dei paesi vicini: Maccagno Superiore, Agra e Colmegna ricorrevano a loro volta al governo di Milano. Nel Medioevo, quando l’autorità imperiale in Italia diminuì di molto, i Maccagnesi e i Mandelli non poterono contare su un pronto appoggio dell’imperatore e dovettero sperare solo nel rispetto del diritto e nel senso di giustizia dei governanti milanesi i quali, dobbiamo riconoscerlo, agirono con correttezza ed equità.

Quando la Lombardia passò sotto l’imperatore Carlo V tutto si risolse nel migliore dei modi, poichè l’aquila imperiale era tornata a posarsi sull’Italia e la protezione fu immediata; quando la regione passò sotto i sovrani di Spagna e l’Imperatore prese dimora a Vienna, i documenti riguardanti i guai di Maccagno Inferiore rimbalzarono dal paese a Vienna e da Vienna a Milano sede del governatore spagnolo e da Milano a Madrid e viceversa. Tutto tornò un pochino più semplice quando l’autorità imperiale ritornò in Lombardia con gli Asburgo.

Le questioni con Maccagno Inferiore si tramutavano dunque in grosse questioni che mettevano in moto cancellerie ed uffici e davano vita a una singolare produzione di pratiche che ancora abbondano negli archivi.