IL
DURO PERIODO MEDIOEVALE
Un’altra leggenda:
il salvataggio dell’Imperatore Ottone I
TORNIAMO dalla donnina gentile che abita lassù, un po’
fuori dal paese, essa racconta ancora:
« Siamo nei pressi
del lago, una terribile bufera solleva un tumulto di cavalloni schiumosi,
sulla riva è un pauroso scrosciare d’onde che s’infrangono violentemente,
nuvoloni neri corrono per il cielo. Sulla piazzetta prospiciente il lago
alcuni pescatori, guardano con attenzione verso le acque. Il loro modo di
guardare, la loro concitazione denota che sta accadendo qualche cosa di grave.
A cinquecento metri dalla riva un barcone dalle vele strappate lotta colle
onde. Si solleva sulla loro cresta, affonda, risale, ondeggia, si inclina da
un lato, si raddrizza. Su di esso alcuni uomini fanno dei cenni. Evidentemente
vorrebbero raggiungere la riva antistante il paese, ma qualcosa lo impedisce
loro. Forse il barcone fa acqua, forse il timone è guasto. L’imbarcazione
oscilla paurosamente ad un tratto un’ondata la piega da un lato, è lì per
capovolgersi... Ed ecco che i pescatori fermi sulla piazzetta corrono alle
loro barche piatte, le spingono nell’acqua e facendo forza sui remi si
dirigono verso i pericolanti; in breve sono vicini. Il grosso barcone
flagellato dalle onde è in uno stato pietoso. Con una fune viene trascinato
verso la riva ed i malcapitati naviganti portati in salvo.
Questo
sarebbe accaduto nel 962.
I primi passi nella storia
AFFACCIAMOCI
ora alla soglia di una grande biblioteca, ci
accoglieranno lunghi scaffali grevi di libri, una certa atmosfera quasi
L’esempio sommo in tal brevità venne;
neanche a farlo apposta,
Il primo a scrivere una guida, o meglio
una Corografia del Lago Maggiore fu un certo Domenico della Bella di Maccagno
Inf., che dal nome del paese natale fu chiamato il Macaneo, vivente nel XV-XVI sec. (vedi a pag. 167), uomo
studiosissimo e famoso ai suoi tempi. Incominciò la sua Corografia proprio a
Maccagno Inf. dove si era rifugiato d’estate per sfuggire al caldo milanese
(già sin d’allora...) ed essa fu stampata per la prima
volta a Milano nel 1490.
« Macaneum dulce natale solum nostrum »
parole belle e amorevoli, ma eccessivamente avare.
Paolo Morigia nel 1603 pubblicava una
storia del Lago Maggiore un poco più ricca di notizie e a lui attinsero,
talvolta in modo troppo sfacciato, tutti coloro che scrissero di poi intorno
al lago: il Cotta che ristampò nel 1690 il libro del Macaneo con un lungo
commento, il Vagliano ed altri.
« Otto Magno I°, Imperatore,
essendo ritornato da Roma a Pavia per castigar la crudel tirannia di
Berengario Re d’Italia e dei suoi figli, mandò parte del suo esercito all’isola
di S. Giulio sul lago d’Orta, dove si era fortificata Uvilla, moglie di
Berengario. E mentre si teneva l’assedio di detta fortezza, l’imperatore
visitò tutto il lago e si fermò alcuni giorni nella terra di Maccagno di
Sotto; ove trattava tutti i negozi di pace e di guerra. E perchè gli uomini
di detta terra, nel tempo che l’imperatore quivi stette, trattarono molto
bene e liberamente la sua corte ed i forestieri che quivi venivano; volendo l’imperatore
mostrarsi grato, onorò detta terra col titolo di corte regale e la diede ai
Signori Tazio e Rubaconte Mandello e discendenti, con mero e misto imperio di
gladio».
Risponde al vero questa storia? Vi sono
alcuni elementi a lei favorevoli: la serietà dell’Autore, la lontana
leggenda, il dimorare che fece Ottone I° sul lago, il fatto, storicamente
vero che egli largheggiasse di favori coi Signori che lo avevano aiutato nella
lotta contro Berengario, la necessità che egli ebbe di porre fedeli sudditi
nelle vicinanze della rocca di Travaglia, rimasta in possesso dei figli del
sovrano nemico, il dono fatto alla chiesa di San Giulio d’Orta delle corti
di Borazola ed Agredade il I° agosto proprio del 962 anno della ritenuta
concessione del feudo di Maccagno (vedi Deputazione Subalpina di Storia,
Patria - Biblioteca Storica, Subalpina, La Pergamena di San Giulio d’Orta, a cura di G. Cornaseri, voi.
CLXXX, parte prima) che potrebbe far pensare ad altre donazioni
contemporanee...
Il Morigia scriveva seicentoquarant’anni
dopo il fatto e non ci fa sapere le fonti della notizia di cui sopra.
Certamente egli vide però gli antichi privilegi conservati dai Mandelli, e
che tali privilegi esistessero ce lo dice anche il Del Sasso Carmino che
annota parlando di essi: « come
io ho veduto in alcune antichissime scritture qui in Milano appresso ai Sigg.
Mandello ».
Essi fanno risalire i diritti dei
Maccagnesi a una data non ben determinata. Un atto del 1279 dice che i
privilegi dei Mandelli erano di origine imperiale e datavano già da tanto
tempo da essersi persa la memoria della loro concessione (vedi a pag. 31).
Queste constatazioni
ci spingono a ritenere bene antica l’infeudazione di Maccagno Inf. ai
Mandelli.
Ma la critica storica è oggi diffidente
circa le tradizioni, vuole documenti certi, autentici, e non avendoli non ci
rimane che accettare il racconto della sosta di Ottone I° a Maccagno come pura tradizione e rimandare la concessione del
feudo di tal paese ai Mandelli ad epoca più tarda anche se non di molto.
La tradizione sostiene che Maccagno Inf.
fosse una delle località maggiormente fortificate del Verbano e lo
dimostrerebbero le sue torri antiche, la sua planimetria, le robuste mura
delle case, le strade strette scavalcate da voltoni con feritoie. L’imperatore
concedendolo ad una famiglia amica se ne sarebbe assicurato il possesso.
La strenua difesa dei propri diritti fu la
passione e il tormento del piccolo popolo e dei suoi feudatari e si ebbero
anche momenti drammatici, come vedremo.
(2) I
Mandelli appartenevano a nobilissima famiglia milanese, le cui origini
risalgono all’epoca romana.
Le conferme imperiali
Il
diritto feudale dato ai Mandelli era trasmissibile agli eredi, ma la prassi
voleva che si rispettassero due condizioni: ogni legittimo successore doveva
riottenere la concessione del feudo dall’imperatore e da ogni nuovo
imperatore era necessario riaverne la riconferma.
La prima riconferma di cui si ha notizia
è quella dell’imperatore Enrico IV che la rilasciò ad Ottone Mandelli nel
1110, seguì quella di Federico Barbarossa nel 1158 ad Anselmo Mandelli e ce
ne dà notizia il Morigia nell’opera citata.
Nel 1191 Enrico IV
concedeva a Rubaconte Guidone ed Anselmo Mandelli:
«
Oppidum ipsum Machanei cum eius Curte, cum
omni honore, et eorum jura, ac cum Ripis, et Pischarijs cum omnibus honoribus
et omnia alia praedictis omnibus spectantia ac mercatus omnes, theoloneo et
districtum quae hactenus possiderunt Imperiali auctoritate praedictis
Fidelissimis Nostris, et eorurn Successoribus confirmavis et de novo cum ipso
titulo Cornitatus ac titulo verae, purae acrenjnatoriae concessionis, oh eorum
ac praedictorum majorum suorum merita in Feudum nobile et gentile damus et
concedimus cum mero et mixto Imperio gladij et omni alio honore ».
Facciamo però presente che tali parole
non sono state riportate dal conte Tazio copiandole dal diploma originale, ma
da una copia notarile che sarebbe stata fatta nel 1676 da un notaio sull’esemplare
esistente allora nell’archivio del Senato di Milano (5. Monti comp. cit. pag. 45 e
seg.)
Dopo il diploma di
Federico II ne seguirono altri, di qualcuno di essi parleremo nel corso della
nostra esposizione, quasi tutti sono elencati, richiamati, o in parte
riportati dal conte Tazio.
Particolarmente
importante è il diploma concesso dall’Imperatore Venceslao nel 1395,
perchè esenta chiaramente il feudo da ogni sudditanza che non sia quella dell’Imperatore,
ad esso fanno riferimento talvolta i documenti tendenti a comprovare l’indipendenza
di Maccagno dal governo ducale o regio di Milano.
Vantaggi
dell'elevazione a Feudo Imperiale
I
Maccagnesi dall’elevazione del loro paese a feudo Imperiale trassero non
pochi vantaggi.
Ora, prima di prendere in esame
nuovi documenti, fermiamoci un poco sull’argomento e fissiamone gli aspetti
principali perchè ciò gioverà a comprendere meglio quanto diremo più
avanti.
Per questi motivi i profitti che gli abitanti traevano non
erano pochi e spesso ne abusarono attirandosi l’antipatia dei Signori e dei
popoli confinanti e la loro vita fu tutt’altro che tranquilla.
Le maggiori preoccupazioni che turbarono la vita del piccolo
paese furono tre:
a) la difesa dei diritti
feudali e dei privilegi,
b) la salvaguardia dei
propri diritti su una proprietà comune con gli abitanti di Agra
c) la difesa dei terreni posti lungo
il fiume Giona. Il fiume irruente ed irregolare, spostava il suo corso nella
parte terminale ad ogni piena danneggiando i terreni coltivati presso le
sponde e bastava la costruzione di un argine, anche di pochi sassi, perchè il
letto deviasse e si portasse contro i terreni dell’una o dell’altra riva.
La costruzione di ogni riparo provocava quindi litigi fra gli abitanti delle
opposte sponde. Anche lo sfruttamento delle acque del fiume fu causa di
contestazioni poichè entrambi i comuni ne avevano derivate grosse rogge che
alimentavano mulini e segherie ed irrigavano le campagne e l’aver a
disposizione quantitativi sempre maggiori del liquido elemento era cosa
vantaggiosa.
Si noti ora che le contese con Agra e Maccagno Superiore non
avevano nulla da vedere con i diritti feudali del paese, erano questioni che i
tribunali ordinari avrebbero potuto risolvere benissimo di volta in volta o
per sempre, e le cose si sarebbero svolte così se Maccagno Inferiore non
fosse stato Feudo Imperiale, Terra per sè.
Ogni contesa coi
paesi vicini usciva dal raggio locale, s’ingigantiva e diventava un affare
di stato perchè Maccagno Inferiore era terra protetta dall’Imperatore e a
quest’ultimo finivano per per venire le lamentele locali. Gli abitanti dei
paesi vicini: Maccagno Superiore, Agra e Colmegna ricorrevano a loro volta al
governo di Milano.
Quando la
Lombardia passò sotto l’imperatore Carlo V tutto si risolse nel migliore
dei modi, poichè l’aquila imperiale era tornata a posarsi sull’Italia e
la protezione fu immediata; quando la regione passò sotto i sovrani di Spagna
e l’Imperatore prese dimora a Vienna, i documenti riguardanti i guai di
Maccagno Inferiore rimbalzarono dal paese a Vienna e da Vienna a Milano sede
del governatore spagnolo e da Milano a Madrid e viceversa.
Le questioni con Maccagno Inferiore si tramutavano dunque in
grosse questioni che mettevano in moto cancellerie ed uffici e davano vita a
una singolare produzione di pratiche che ancora abbondano negli archivi.